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Contro le donne e contro la legge: cosa ci dice la vicenda della “Stanza dell’Ascolto” al Sant’Anna di Torino

Contro le donne e contro la legge: cosa ci dice la vicenda della “Stanza dell’Ascolto” al Sant’Anna di Torino
Il Tar del Piemonte ha ordinato la chiusura del centro nell’ospedale Sant’Anna di Torino: un progetto antiabortista sostenuto dalla Regione, ora giudicato illegittimo. Una vittoria simbolica per il diritto all’autodeterminazione
9 luglio 2025
Una manifestazione in favore del diritto all'aborto

Una manifestazione in favore del diritto all'aborto

La stanza dell’ascolto all’ospedale Sant’Anna di Torino chiude (per ora?) i battenti: lo ha stabilito il Tar del Piemonte, facendo tirare un sospiro di sollievo ad associazioni che difendono i diritti sessuali e riproduttivi e alle donne che rivendicano la libera e piena autodeterminazione. La "Stanza dell'Ascolto”, spesso descritta come fatiscente, avrebbe infatti dovuto intercettare, volontariamente o su indirizzo del personale, coloro che intendevano abortire, offrendo loro incentivi economici fino ai 18 mesi di vita del bambino per cambiare idea. Vere e proprie violenze psicologiche mascherate da consulenze e finanziate dalla politica locale. Si tratta infatti di un’iniziativa fortemente voluta dall'assessore Maurizio Marrone, già promotore del fondo "Vita Nascente" in cui sono stati destinati oltre 2 milioni di euro di fondi pubblici a gruppi e associazioni votati alla "difesa della vita fin dal concepimento”, che ha suscitato forti polemiche.

Il tribunale amministrativo regionale ha ora dichiarato illegittima la convenzione siglata nel 2023 tra il Movimento per la Vita è l’azienda ospedaliera della città della salute di Torino, imponendo la chiusura della stanza dell’ascolto inaugurata a settembre dello scorso anno all'interno dei reparti di ginecologia. Per i giudici le competenze degli addetti a questo sportello, ferventi antiabortisti, non erano state verificate dall’azienda sanitaria e anche quelle dei volontari era stata garantita solo dal presidente del Movimento per la Vita con una sorta di autocertificazione.

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Qualcosa di inammissibile in una struttura pubblica, ma che si inserisce in un programma ben preciso portato avanti negli ultimi anni in Piemonte, regione che ha fatto da apripista ad innumerevoli iniziative che si opponevano ai diritti sessuali e riproduttivi delle donne. Nel 2020, ad esempio, su iniziativa di FDI, con il sostegno del Presidente Cirio e di Forza Italia, la regione ha diffuso una circolare in cui non si accoglievano le linee guida ministeriali sulla modalità accesso alla RU486, e si proponeva di finanziare e rafforzare l'ingresso dei gruppi e movimenti antiabortisti negli ospedali e nei consultori.

A festeggiare dopo la sentenza del Tar sono le istituzioni e i gruppi che avevano fatto ricorso al Tar contro la stanza dell’ascolto, Cgil Torino e Cgil Piemonte e le associazioni Se Non Ora Quando e Non Una Di Meno Torino. Per gli attivisti e le attiviste la cancellazione di questa convenzione non è frutto di un cambio di ideologia politica, ma di un'applicazione rigorosa della legge e questa decisione restituisce giustizia e tutela la libertà delle donne di autodeterminarsi.

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Ora si attende la contromossa regionale, ma anche se probabilmente si tratta di una vittoria solo temporanea, intanto la sentenza storica del tribunale amministrativo rappresenta un piccolo ma significativo passo avanti. Perché la vicenda dell’ospedale Sant’Anna di Torino, che solleva interrogativi cruciali sulla gestione della salute pubblica e sulla sua indipendenza da gruppi ideologici: la questione sanitaria appartiene a tutte e tutti e non può diventare "ostaggio" di gruppi che si oppongono alla libertà di autodeterminazione delle donne. Non si possono più considerare i presidi pubblici, baluardi di laicità, come spazi insicuri dove la libertà delle donne viene "svenduta e sacrificata sull'altare del compromesso politico".

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